FROSINONE – Mezzo secolo di sacerdozio missionario, festeggiato padre Vittorio Iacovissi
“La rifarei altre mille volte”. Così, col sorriso e senza esitazione, ha risposto padre Vittorio a chi gli chiedeva se fosse pentito della scelta di diventare missionario e trasferirsi in Colombia per servire, già da quarantacinque anni ininterrotti, le comunità dei tanti, piccoli villaggi sparsi nella foresta amazzonica. Sabato è stato un giorno speciale per lui. Uno di quelli che si ricordano per tutta la vita. Circondato dall’affetto dei familiari e degli amici ha festeggiato nella sua città, nella chiesa di Sant’Antonio gremita dal primo all’ultimo banco, il cinquantennale del sacerdozio. Ultimo di nove fratelli, la sua infanzia a Frosinone scorre serena. È uno dei ragazzi del gruppo della Prebenda. Tra i suoi compagni di gioco, oltre al fratello Giovannino, anche il giornalista Amedeo Di Sora e il prefetto Piero Cesari. Ma la vocazione è il suo destino. Diventa sacerdote. Vorrebbe partire per cominciare subito la sua missione. Il vescovo di allora prende tempo. Arriverà quel momento, ma intanto come primo incarico gli affida Santa Francesca, sulle montagne di Veroli dove, per raggiungere le contrade più isolate, bisogna macinare chilometri. Al giovane sacerdote non mancano carattere e determinazione, come ricorda Domenico Cerelli, uno dei parrocchiani arrivato sabato sera a Frosinone per festeggiare l’amico missionario. “Quando si metteva in testa una cosa – ha detto Domenico nel suo saluto scandito da affettuosi aneddoti – non lo fermava nessuno”. Due anni a Veroli, poi il giovane missionario della Consolata parte per la Colombia. Era il 1970. Manizalez. Doncello. Torasso. Guacamava. Cartagine Chaira. Un lungo girovagare che ora, per il momento, lo ha riportato a Florencia Torasso. Sempre in Amazzonia, sempre nei villaggi dove ogni giorno si vivono stenti, emergenze, pericoli. Dove si respira la tensione dello scontro tra guerriglia e esercito regolare, dove la prudenza non è mai troppa. “Finora non ne avevo mai parlato per non allarmare la mia famiglia. Ma una volta – ricorda padre Iacovissi – mi hanno rubato e incendiato la jeep”. Lui non molla. Non indietreggia. “Dategli una canoa, un cavallo, un fuoristrada e padre Vittorio arriva ovunque” ha detto il suo vescovo colombiano in un videomessaggio proiettato durante la festicciola seguita alla solenne celebrazione. “Sono fortunato. Non mi manca nulla. Anzi, sono ricco perché ho due famiglie, questa di Frosinone e quella – dice il missionario – ancor più numerosa in Colombia, che aspetta con ansia il mio ritorno. Tornerò lì, è quella la famiglia che ha più bisogno di me”. “Padre Vittorio – ha detto il sindaco Nicola Ottaviani, presente alla funzione – incarna il modello della dedizione totale perché, da missionario, ha scelto di mettere al servizio della Chiesa e dei bisognosi non soltanto la sua fede e il suo spirito, ma anche la sua materialità. Ha donato tutto se stesso. Sono qui – ha aggiunto il sindaco – per testimoniare l’affetto e la gratitudine di tutta la città”. Dopo la funzione il sacerdote si è immerso nell’abbraccio di amici e familiari in un momento conviviale costellato da ricordi, storie, aneddoti. Presenti anche tutti i componenti del direttivo dell’associazione culturale L’Impegno, che ha promosso la giornata di festa per celebrare un figlio illustre di Frosinone.
“Padre Vittorio è un modello di tenacia, di saggezza, di altruismo. Siamo onorati – spiega Aldo Mattia, presidente de L’Impegno – di aver potuto organizzare la celebrazione di questa ricorrenza, è stato commovente respirare l’affetto manifestato dalle centinaia di amici che hanno risposto al nostro invito”. Padre Victor, come lo chiamano in Colombia, resterà ancora per qualche settimana nella sua città. Poi tornerà a servire la sua seconda famiglia. Dove ogni gesto, anche il più piccolo, è un atto di amore, un afflato di speranza.