REGIONE – Per Legambiente il 33% dei comuni laziali è a rischio idrogeologico
Presentato ieri mattina il dossier nazionale di Legambiente «Ecosistema Rischio» l’indagine sulle attività nelle amministrazioni comunali per mitigare il rischio idrogeologico. Secondo quanto emerso dal dossier, nel Lazio il 33% dei comuni ha interi quartieri costruiti in aree a rischio e il 15% ha continuato a costruire in tali aree anche negli ultimi 10 anni, nonostante nel 42,6% dei comuni ci siano aree a pericolo di frana, nel 5,6% a pericolosità idraulica e nel 36,8% a pericolo idraulico e di frana. Complessivamente l’84,9% dei comuni laziali ha aree esposte a rischio e dei 17.232 kmq complessivi di superficie, il 7,7% è a rischio idrogeologico.
«È assurdo che nella nostra regione si continui a costruire in aree a rischio idrogeologico, nonostante sia ormai nota l’estensione di tali aree e nonostante i mutamenti climatici ci ricordino di continuo quanto pericolo possono scatenare – dichiara Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio -. Troppi comuni hanno interi quartieri a rischio e troppe amministrazioni concedono ancora autorizzazioni a costruire su aree a pericolo di inondazione o frana; tutto ciò deve far avviare politiche virtuose per salvaguardare la vita di tanti cittadini e il territorio del Lazio intero, alla Regione chiediamo in tal senso di dire concretamente Stop al consumo di suolo, incardinando nel PTPR (Piano Territoriale Paesistico Regionale) e nel Testo Unico sull’Urbanistica in discussione le indicazioni necessarie. Per fermare l’aumento dei rischi idrogeologici va bloccato per sempre il diluvio di cemento e fermata l’espansione infinita delle città, a partire da Roma, dove in ogni settore continua ad avanzare il cemento e contemporaneamente si rischia la paralisi della città e si trema ad ogni bomba d’acqua, al futuro sindaco chiederemo di fermare il consumo di suolo e avviare invece una sana e necessaria rigenerazione urbana a partire dalle periferie e dai quartieri più a rischio».
Nella capitale infatti, dai dati di Legambiente, sono più di 100.000 le persone che abitano e lavorano in aree a vari livelli di rischio e sono ben 1.135,6 gli ettari di territorio in R4 (massimo rischio idrogeologico) dove vivono 17.757 abitanti secondo i dati dell’autorità di bacino del Tevere.