COLLEFERRO – Dalla Regione ipotesi compound: Rifiutiamoli non ci sta
Le linee-guida sul futuro piano rifiuti prodotte dalla Regione Lazio, e presentate il 31 gennaio scorso, sono del tutto generiche: i dati sull’andamento della gestione dei rifiuti negli anni passati e le intenzioni di orientarsi verso pratiche che appartengono alla economia circolare, non danno indicazioni, neppure di massima, sulla struttura impiantistica in termini di tecnologie e portata dei processi di trattamento.
Risulta quindi ancora più anomala l’indicazione relativa a un compound industriale da realizzare a Colleferro che dovrebbe essere alimentato da 500.000 tonnellate di materiale provenienti dagli impianti TMB, suddivise in diverse filiere di trattamento. Poco importa capire come si sia arrivati alla definizione di quella quantità, su cui in molti hanno elucubrato. Nell’incontro in Regione, organizzato giovedì 7 marzo, dalla consigliera Marta Bonafoni (in foto), le dichiarazioni dell’Assessore Valeriani hanno aggiunto, se possibile, ulteriore confusione a quanto scritto nel documento.
Avendo appreso dalle parole dell’Assessore che la pubblicazione delle linee strategiche sarebbe avvenuta dopo l’indicazione del Comune di Roma riguardo le aree idonee per la collocazione degli impianti di stoccaggio e trattamento, si capisce ancora meno perché solo per il comune di Colleferro si sia data una indicazione puntuale sulla dimensione complessiva e sulle filiere di trattamento degli impianti.
In realtà è noto a tutti che la questione sia legata al futuro della società Lazio Ambiente, i cui conti sono tenuti a galla dalle entrate della discarica di Colle Fagiolara, mentre un qualche investimento dovrebbe far quadrare i conti dopo il mancato investimento negli inceneritori di Colle Sughero.
In merito l’assessore è stato quanto meno poco chiaro: quando ha asserito che “gli impianti attuali sono di nostra proprietà”, si riferiva evidentemente agli inceneritori, di cui è stata decretata la chiusura, dopo di che in un’altra parte del suo intervento ha detto che la realizzazione gli impianti verrà messa a gara. In sostanza resta da capire chi fa che cosa, dove e come.
Sembra che quanto detto nel documento serva soprattutto a tacitare la Corte dei Conti.
Purtroppo allo stato si tratta comunque di una dichiarazione troppo puntuale nella sua genericità per essere tralasciata, quindi ci tocca ribadire la nostra contrarietà assoluta a quel tipo di ipotesi, che non può essere presa in considerazione, su cui non è neppure il caso di aprire una discussione o una consultazione.
Tutto procede con il solito gioco delle parti tra amministrazione regionale e capitolina, in assenza di un reale intervento da parte del Ministero, seguendo regole amministrative del tutto inadeguate ad affrontare una situazione sempre sulla soglia della catastrofe, mentre nulla è previsto sul piano della partecipazione delle associazioni e dei comitati.
Il percorso che dalla giunta regionale, attraverso le commissioni dovrebbe portare alla discussione e alla approvazione in consiglio regionale del nuovo piano dei rifiuti, non può avere valore in assenza di una partecipazione reale di quella rete di associazioni e comitati che in questi anni hanno combattuto l’attuale gestione del ciclo dei rifiuti, portando avanti una propria progettualità. Alla approvazione seguirà la procedura di sottomissione del pian alla VAS (Valutazione Ambientale Strategica) della durata di sei mesi.
La conclusione di questo percorso arriverà a sfiorare la fine dell’anno. Periodo che a Colleferro coinciderà con quello della chiusura della discarica di Colle Fagiolara, su cui – narrano le cronache- pare abbiano ripreso a volare con maggior frequenza i gabbiani.
Riteniamo necessarie un’ elaborazione autonoma, ed una mobilitazione da parte di tutta la rete di associazioni e comitati territoriali della città di Roma e di tutta la Regione, finalizzate ad ipotecare e vincolare l’elaborazione del piano rifiuti, confermando gli obiettivi particolari che ogni territorio si è dato.
Sulla discarica di Colle Fagiolara ribadiamo la necessità di un controllo trasparente sulla sua attuale gestione, sulla qualità e la quantità del materiale che viene conferito, per evitare le conseguenze che i residenti, con gli studenti ed il personale della scuola superiore IPIA hanno dovuto subire a più riprese.