FROSINONE – SAF, Migliorelli replica a Piacentini e tira dentro anche Ottaviani
La Saf non fa business. Ciò nonostante, trattandosi di una società per azioni a totale partecipazione pubblica, essa è amministrata in ossequio ai criteri di economicità, continuità, autonomia ed efficienza per assicurare il mantenimento degli equilibri finanziari, della gestione sana e trasparente e anche, nell’esercizio appena concluso, il bilancio in attivo. Queste attività sono di esclusiva responsabilità della governance. Le parole del sindaco di Frosinone mi ricordano la favoletta della volpe e dell’uva. Li dove la volpe non arriva, dice che l’uva è acerba. Ricordo quando il sindaco del capoluogo venne in assemblea, l’anno scorso, ad asserire che la Saf era una società tecnicamente fallita. A distanza di un anno riproponiamo un utile importante e livelli di affidabilità invidiabili per un’azienda operante nel settore dei rifiuti. D’altronde, non invidio Nicola Ottaviani che si trova ad amministrare una delle città più inquinate di Italia come qualità dell’aria, senza che il passare degli anni abbia migliorato tale posizione non certo invidiabile. Una gestione oculata, attenta e responsabile è la missione quotidiana di chi amministra la Saf e gli utili conseguiti – certificati nel bilancio che sarà sottoposto all’attenzione della prossima assemblea dei sindaci – non saranno impiegati per speculazioni di sorta, né per la distribuzione di dividendi, ma piuttosto per garantire un sempre più elevato indice di tutela ambientale e di performance dell’impianto in un settore strategico per la collettività provinciale, senza peraltro chiedere apporti economici ai soci. Saf, nella piena e convinta consapevolezza della necessarietà di recepire e applicare le linee guida dell’economia circolare, dopo l’approvazione da parte dei soci del Piano Industriale 2018 – 2022, si avvia verso un processo di ammodernamento che rivoluzionerà gli attuali sistemi di trattamento dei rifiuti in Ciociaria e che trasformerà il Tmb in moderna Fabbrica delle Materie. Una rivoluzione che, ricordo a me stesso, è stata deliberata dall’organismo sovrano della Saf, cioè da quella assemblea dei sindaci che, appena un anno fa, autorizzò la società a ricevere e trattare una minima parte dei rifiuti prodotti dalla Capitale i cui scarti, ritengo opportuno ribadirlo, dopo la lavorazione tornano a Roma, per la precisione nella discarica di Colleferro. Evocare, infine, l’incubo del disastro ambientale e sanitario che ha segnato dolorosamente un altro territorio del nostro Paese è una semplificazione gratuita almeno irriguardosa nei confronti di quella comunità ferita, ma anche immeritata rispetto al puntuale, rigoroso e responsabile impegno quotidiano della Saf, della sua dirigenza e dei suoi lavoratori che, giorno per giorno, garantiscono lo svolgimento delle attività industriali in un contesto di assoluta sicurezza e di massima attenzione al contesto ambientale e per la salute pubblica dei cittadini residenti nel comprensorio sul quale insiste l’impianto. I cancelli dello stabilimento di Colfelice sono sempre aperti, anche a beneficio di quanti – sarebbero i benvenuti – volessero percorrere una trentina di chilometri per verificare di persona, sul posto e senza intermediazione alcuna la veridicità di tale affermazione. Concludo ricordando che ottemperare all’ordinanza del Governatore del Lazio non è stato solo atto dovuto, ma anche testimonianza di solidarietà, in un momento drammatico, per una città che tra i suoi residenti, o comunque tra le sue presenze quotidiane, annovera una vastissima schiera di ciociari che si recano a Roma per lavoro e per studio, per ricevere cure mediche o anche semplicemente per turismo.