REGIONE – 20.000 domande ‘italiane’ per lavorare nei campi, D’Uva: “Smentiti tanti luoghi comuni”

A causa dell’emergenza Coronavirus e del conseguente blocco dei flussi di lavoratori agricoli provenienti dall’estero, il governo ha innescato il dibattito circa la presunta necessità di regolarizzare centinaia di migliaia di immigrati ed impiegarli come forza lavoro. Addirittura, nelle ultime ore l’accordo pareva essersi concluso, prevedendo persino uno scudo penale, poi naufragato fortunatamente, per i caporali che denunciassero il pregresso sfruttamento di clandestini.Intanto, le principali associazioni di categoria hanno aperto piattaforme per la candidatura spontanea da parte di chiunque volesse lavorare in agricoltura, ed oltre 20000 lavoratori italiani hanno risposto positivamente, dando disponibilità.
A commentare la notizia è Giustino D’Uva, dirigente nazionale del SINLAI: “Come volevasi dimostrare, è assolutamente falso che l’Italia ha ad ogni costo bisogno di manodopera straniera da impiegare nei campi, semmai sono le agromafie che necessitano di schiavi di importazione da sfruttare all’inverosimile. È bastato un mese per trovare oltre 20 mila connazionali disposti a lavorare come braccianti, nonostante le condizioni schiavistiche notoriamente imposte dai caporali. Segno che basterebbe combattere illegalità e sfruttamento, e garantire condizioni dignitose, per far tornare ad impiegare massicciamente gli italiani nel settore agricolo”.

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