COLLEFERRO – Inceneritore, dopo il Covid le associazioni ambientaliste tornano a protestare
Il nuovo Piano Rifiuti della Regione Lazio ha ripreso il suo corso dopo lo stop impresso dall’epidemia Covid-19 ed è entrato nel vivo delle audizioni post Valutazione Ambientale Strategica (VAS), durante la quale erano state presentate numerose osservazioni: alcune sono state accolte, altre che non hanno ottenuto risposta.
Da Colleferro le realtà associative hanno messo in luce alcuni aspetti in particolare sugli inceneritori e il progetto di Compound industriale presentato da Lazio Ambiente SpA.
Le risposte alla VAS sugli inceneritori di Colleferro hanno confermato che il loro ciclo è definitivamente chiuso e che nell’area ove risiedevano non sarà ammessa alcuna costruzione di nuovo impianto rifiuti. Sul Compound industriale da 500.000 tonn/anno si sono ottenute riduzioni significative a 250.000 tonn/anno e come esplicitamente riportato la locazione dovrebbe essere a ridosso della discarica, dichiarando come papabile il terreno ove doveva sorgere il TMB del 2010.
In una delle nostre osservazioni abbiamo evidenziato il fatto che che quel terreno è insufficiente per qualsiasi tipologia di impianto se non di dimensioni molto al di sotto di quelle indicate nel progetto di Lazio Ambiente SpA.
Il 19 maggio scorso abbiamo partecipato ad una audizione telematica ed espresso nuovamente le nostre perplessità sulla reale possibilità di poter costruire un Compound Industriale a Colleferro.
Le nostre osservazioni in sede di audizione hanno evidenziato anche altri aspetti riguardanti la valle del Sacco e zone adiacenti.
La discarica di Roccasecca ha ottenuto una recente autorizzazione per un V° invaso da 450.000mc quando il fabbisogno del Frusinate in uno scenario a 6 anni è di 180.000mc, come lo stesso Piano Rifiuti riporta negli elaborati. Questa è da ritenersi una incongruenza di rilievo in quanto non è ammissibile vessare le province con una impiantistica il cui unico scopo è supplire alle mancanze progettuali e strutturali di Roma Capitale che non è in grado, oggi e nell’immediato futuro come Ambito Territoriale Ottimale (ATO), di essere autosufficiente.
L’altra questione sollevata riguarda il territorio di Patrica perseguitato da progetti di nuovi impianti di trattamento rifiuti di dimensioni mostruose, dagli inerti (300.000 tonn/anno) ai liquidi (355.000 tonn/anno).
In buona sostanza a cosa serve un piano rifiuti se permette di essere scavalcato poi dagli uffici che si occupano delle autorizzazioni amministrative?
Altri fattori negativi sono la modalità e la tempistica di coinvolgimento delle comunità che si trovano a dover contrastare quotidianamente il proliferare di impianti come quelli che abbiamo appena descritto.
Ma torniamo al Compound di Colleferro che da come viene presentato nel Piano Rifiuti sembra essere un punto cardine […il nuovo compound industriale diventa strategico nel passaggio dal vecchio sistema impiantistico ad un nuovo sistema che massimizzerà il recupero di rifiuti nell’ottica dell’economia circolare], ma viene liquidato in poche righe con una descrizione di flusso minimale e assolutamente insufficiente. Un impianto descritto come innovativo nel suo genere, risolutore per il flusso finale dei rifiuti indifferenziati, ma che nello stesso Piano Rifiuti non viene descritto nelle sue parti. Gli unici dati su cui ci si concentra è che deve essere realizzato a Colleferro e che da 500.000 tonn/anno si riduce a 250.000 tonn/anno.
L’audizione del Presidente di Lazio Ambiente SpA, Daniele Fortini, necessaria dopo le numerose osservazioni sollevate, ha delineato altri scenari, ma non ha dato la risposta definitiva alle nostre puntualizzazioni, visto che a Colleferro non c’è alcun luogo disponibile per impianti di tali dimensioni.
Abbiamo ribadito questo concetto più volte nei nostri incontri pubblici e sarebbe stato interessante riferire direttamente all’Assessore regionale Massimiliano Valeriani se avesse accettato i nostri ripetuti inviti.
Lo Studio Preliminare di Fattibilità (luglio 2019) del Compound di Lazio Ambiente SpA, richiamato nel Piano Rifiuti, riporta testualmente: “è pertanto stimabile, preliminarmente, una superficie complessiva dell’impianto pari a circa 20 ettari”. Teniamoci su questa ipotesi prevista per un impianto da 500.000 tonn/anno, un impianto da 250.000 non dimezzerebbe l’area occupata. Colleferro avrebbe a disposizione urbanisticamente solo il terreno che era previsto per il TMB del 2010. Non è di poco conto che lo stesso è di proprietà del Comune di Colleferro che a nostro parere non ha alcuna intenzione di “devolverlo” a Lazio Ambiente, ma anche se si volesse “forzare” la mano il terreno ha una estensione di circa 1,9 ettari, un decimo del necessario, forse utile per farci un piazzale di sosta per i mezzi che dovrebbero giungere ad un impianto del genere.
Se per assurdo qualcuno pensasse nuovamente di far transitare decine di camion in un quartiere densamente abitato come quello dello Scalo di Colleferro per farli giungere nell’area degli inceneritori -area inserita nel Sito di Interesse Nazionale e da bonificare per la presenza di cromo esavalente- dovrebbe tener presente che si avrebbero a disposizione circa 4ha (area inceneritori) e circa 1ha (area centrale elettrica annessa), tenendo conto che ciò colliderebbe con quanto riportato nelle risposte alle nostre osservazioni sul possibile utilizzo di quella area.
Ci viene il legittimo dubbio che si stia tirando in lungo questa manfrina per coprire il fallimento di Lazio Ambiente SpA, lo spreco di milioni di euro nel tentativo fallito di ristrutturare gli inceneritori di Colle Sughero, in attesa di trovare una conclusione a questa vicenda. L’ipotesi -espressa dall’amministratore delegato di Lazio ambiente in una intervista- di sdoppiare l’impianto da 500.000 tonnellate in due da 250.000, apre alla possibilità di realizzarne uno in una località diversa da Colleferro. In ogni caso le audizioni rispetto ai molti interrogativi sollevati da questo progetto -che avrebbe comunque un ruolo chiave dell’intero ciclo dei rifiuti del Lazio- non hanno dato risposte.
Per abbondare chiudiamo fornendo alcuni numeri che completano il quadro, ricavati dallo Studio Preliminare di Fattibilità di Lazio Ambiente SpA.
Il Bilancio di Massa di tale impianto indurrebbe a pensare che sia un produttore di rifiuti piuttosto che una risoluzione del problema. Su 500.000 tonn/anno in entrata ce ne sarebbero quasi 300.000 tonn/anno in uscita (scenario 1) tra Frazione Organica Stabilizzata (FOS), Combustibile Solido Secondario (CSS) e altro da destinarsi a discarica o termovalorizzazione. Poco più di 250.000 tonn/anno in uscita nello scenario 2.
Costo dell’operazione circa 80mln di euro, in pratica 1mln di euro a dipendente.
Detto ciò ci attendiamo che i nostri dubbi vengano fugati e se ciò non dovesse avvenire in un modo esauriente di fronte all’opinione pubblica, la conclusione non può che essere una: il Compound Industriale dei Rifiuti previsto per Colleferro deve essere cancellato dal Piano Rifiuti della regione Lazio.
ReTuVaSa Colleferro