CAMPOLI APPENNINO – Orsi spariti in territorio PNALM, gli interrogativi della AIW

Dopo la terza segnalazione in merito alla sparizione di due orsi dalla fossa (recinto) di Campoli Appennino, dove a partire dal 2010 furono immessi 5 orsi provenienti dall’Albania con comprensibile finalità turistica, il Parco Nazionale d’Abruzzo facendo seguito all’ultima, nella quale si commentava la recente fuga di un altro di quegli orsi, fortunatamente subito catturato e riportato all’interno del recinto, ha ritenuto di divulgare due comunicati stampa allo scopo di, si fa per dire, “acquietare” l’opinione pubblica. Peccato che entrambi facciano scaturire, specie il secondo, non pochi interrogativi e che contengano anche inesattezze e cose non dette.

Domande che sorgono spontanee e che pur nella loro ovvietà meritano comunque delle risposte certe e documentate da parte delle autorità. Risposte da dare al popolo, ai cittadini di Campoli, agli specialisti della specie e agli ambientalisti in genere. Risposte che, si spera, possano giungere presto e siano documentate, con tanto di date e protocolli affinché abbiamo il crisma della veridicità. Vediamole:

  1. Come mai, nonostante il primo comunicato dell’AIW del 30 agosto 2020, pubblicato in Wilderness/documenti n. 4/2020 con tanto di foto, le autorità fino ad oggi (7 – sette – mesi!) non hanno ritenuto di smentire la notizia e spiegare le ragioni per cui due orsi mancavano dalla fossa (recinto)?
  2. Come mai, se è vero come scrive il Parco, che quei due orsi “sono morti di vecchiaia all’interno dell’area, in condizioni ordinarie”, nessuno ha sentito il fetore delle loro carcasse in marcescenza, che evidente non sono mai state trovate visto che si mette in dubbio il dove siano esattamente morti (“forse proprio approfittando del bosco in cui hanno potuto celarsi per trovare pace e tranquillità”)?
  3. E perché quel “forse”, che significa incertezza? Eppure la fossa è un catino che non facilita la dispersione del fetore di animali in putrefazione; tanto più che la fossa è completamente circondata da case abitate che vi si affacciano? E, o non è, quest’aspetto, uno di quelli che andrebbero chiariti? In fondo anche un piccolo topolino in una situazione “chiusa” emette un fetore captabile a grande distanza in ambienti chiusi! E gli orsi sono animali di decine e decine di chili!
  4. A quanto pare, non è neppure chiarito se i due orsi “spariti” siano morti “di vecchiaia” contemporaneamente (e sarebbe veramente strano!); per cui si deduce che le morti, se ci sono state, sono avvenute in tempi diversi. O no?
  5. Se sono morti “all’interno dell’area”, dovranno pur esistere relazioni scritte dagli addetti alla sorveglianza e inoltrate alle autorità (Comune ed Ente Parco). Esistono? Hanno una data ed un numero di protocollo?
  6. Non è vero che nella dolina ci sia un “boschetto che caratterizza una parte della grane dolina”. L’unico “boschetto” esistente è esterno alla recinzione dove sono relegati gli orsi, mentre nella recinzione esistono solo alcune folte siepi, cespugli ed alberi sparsi; che sono cosa diversa da un “boschetto”. E i due orsi non erano topolini! Perché questo modo ingannevole di presentare la situazione ambientale del luogo?
  7. Come mai si tiene a dire che la dolina sia di “oltre 600 metri di diametro” mentre è invece solo di circa 400 metri, e si evita di dire che il recinto è molto più limitato (non più di 300 metri)?
  8. Se questi orsi “albanesi” sono stati sterilizzati (“la prima cosa che venne fatta fu la sterilizzazione”). Quando e dove sarebbe avvenuto il fatto, e ad opera di chi, visto che sterilizzare orsi adulti non è una cosa semplice e da farsi all’aperto? E, se sono stati interessati da un professionista (veterinario), esiste una relazione del fatto, o una fattura per il lavoro svolto, e quale data porta?
  9. Come mai si scrive “per scongiurare ogni possibile pericolo di inquinamento genetico nel malaugurato caso di fuga dal recinto”, quando le stesse foto allegate al comunicato stampa evidenziato come la “via di fuga” dell’ultimo orso è stata messa in sicurezza solo ora (sono evidenti le recenti saldature di robuste barre per impedire l’allargamento di quelle inefficaci precedenti, che assolutamente, ed evidentemente, non erano in grado di frenare la furia evasiva di un orso!)? Erano, queste le misure per “scongiurare ogni pericolo di inquinamento genetico” di un animale definito, sempre dal Parco, “una sottospecie unica”?
  10. Di fronte a una “sottospecie unica” di una tale importanza e valore biologico, non era forse il caso di rifiutare l’offerta di questi “orsi bruni europei detenuti in condizioni di maltrattamento in Albania”, e lasciare che altri organismi se ne occupassero?

Qui siamo di fronte a fatti pubblici e di estrema gravità biologica, ed è bene che i dubbi siano chiariti. Che poi è l’unico modo per evitare inutili polemiche.

Si attende con fiducia una risposta autorevole, e possibilmente sottoscritta, a tutte queste domande. Se non a noi e all’opinione pubblica, almeno alle autorità superiori (Ministero dell’Ambiente ed ISPRA).

AIW – Associazione Italiana Wilderness

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