SORA – La ricerca storica di Antonio Conte su Re Manfredi: il resoconto dello stesso autore

Sono dalla parte dei Sorani Veraci che ancora amano una nobil donna dalla struggente bellezza che non sfiorisce mai. La conferenza del 30 ottobre, tenutasi nella Sala V. Gioia della nostra Casa Madre di Santa Restituta, ha avuto il consenso di un pubblico molto attento, nel quale abbiamo avuto la soddisfazione della presenza di cittadini di Ceprano che credono fortemente nella ‘loro’ tomba di Manfredi.
È da far presente che “il fiume, le pietre e la storia perduta” è un libro strutturato nella logica che regola il mondo scientifico. Un lungo cammino di ricerca dalla preistoria alla storia, fino al Rinascimento, che hapermesso di scoprire, dal II sec. a.C., tante verità sulle terre del flumen VIRIDIS, i veri luoghi natii di Ildebrando di Canossa e una bellissima storia di Amore e Carità per l’ultimo crocifisso ligneo di Michelangelo e sua laudazione, accompagnati dalla tela ad olio della Carità Celeste nei segni del linguaggio enigmatico del grande maestro, donati a Cesare Baronio.
Il fato nascosto nell’oblio ha voluto, però, divertirsi facendo ritrovare, durante le fasi della stampa, dipinti del settecento e documenti fotografici di fine ottocento di alto valore storico e artistico, sparsi tra Sora, Roma, Copenaghen, New Jork e Harvard, che non hanno potuto impreziosire i già molteplici, inaspettati risultati dell’opera, presentata il 26 giugno 2021 a Isola del Liri nello stupendo scenario della cascata Valcatoio. Sono i ruderi del tempio di Serapide immortalati in una tela a olio di G. Stozzi del XVIII Secolo, esposta in una galleria d’arte di New York, che resero famosa la Porta Janua Curiae fatta raffigurare, nel 1723, dal VI Duca di Sora Antonio I nel salone Curiale del Palazzo Ducale sul Verde a Sora, con i luoghi dell’ultima
sepoltura di re Manfredi descritti da Dante Alighieri nel III Canto del Purgatorio, versi 124-132, esposti.
Il maestoso tempio dello Shop Center di Caracalla (I sec. a. C e II sec. d.C.), che fu nel Medioevo la cava di pietre per la ricostruzione della città distrutta dagli svevi di Federico II, certificata dal Privilegio di Carlo I d’Angiò, la Civitas Regia (Accademia dei Lincei,1910), e dalla partecipazione del Vescovo Ferentinate Pietro Gerra, dal maggio 1267, già cappellano di Papa Clemente IV che dispose nel settembre 1267, tramite il vescovo di Cosenza, la trasmutazione del corpo di Manfredi sepolto presso la testata del ponte sul Calore a Benevento.
A Dante parlò l’anima di Manfredi, che così raffigura Michelangelo nella sua immensa genialità in un disegno al Louvre e nella tela a olio della Carità donata a Cesare Baronio (1564), e soprattutto da Francesco Solimena (1723) nell’indicato grande affresco, uno spirito nella trasparenza delle acque del Verde, che accetta con la mano alzata, nella regalità del Medioevo, la sua ultima dimora. Costituiscono le verità di un dipinto offuscato e deteriorato da 175 anni di storia, con la presenza nel palazzo prima delle truppe napoleoniche (1805-1815) e poi dall‘esercito piemontese (1860-1865), impresse in uno scatto fotografico di un visitatore del Grand Tour, per essere scomparsa la porta di corte nel 1875 e l’affresco il 13 gennaio 1915 con la distruttiva onda sismica della Marsica.
La definitiva prova viene dalla grande campana posta sul campanile della Cattedrale, quella rivolta verso la piazza (la mezzana) commissionata dall’altro vescovo di Ferentino Andrea Masarone (9 agosto 1296 –1322), alla millenaria Pontificia fonderia di campane Marinelli di Agnone nello stesso anno della morte di Dante, avvenuta nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321 a Ravenna. Una coincidenza che si sposa spontaneamente alla nostra bellissima storia di Amore e Carità, onorificata dai rintocchi squillanti di una campana, che continua a cantare da settecento anni l’infinita misericordia di DIO ai resti mortali ancora sepolti sotto la guardia della grave mora del muro d’argine di Piazza Cerere, ora Giuseppe Garibaldi.
Una ricostruzione con tante realtà storiche documentate che ci hanno guidato a risolvere, dopo settecento anni dalla morte di Dante, il giallo dell’ultima dimora di re Manfredi, peraltro, in coerenza con quanto rivelato, nei versi, dallo stesso sommo Poeta.

Antonio Conte

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