SAN DONATO VAL DI COMINO – Proiettato al Teatro Comunale il film-documentario su Alba Meloni

In un assordante silenzio cade quest’anno il centenario del divieto, da parte di Benito Mussolini, di quella che fu definita la “festa di fatto” del Primo maggio (R.D.L. 19 aprile 1923, n. 833 in G.U. 20 aprile 1923, n. 93, p. 3190). Per ricordare il triste episodio, e ribadire i valori antifascisti della Festa dei lavoratori, ieri alle 17:30 è stato proiettato al Teatro comunale di San Donato val di Comino il film-documentario “Alba Meloni. Stella nelle mie stanze, alla presenza dell’autrice Nadia Pizzuti.

L’evento si è svolto con il patrocinio del Comune di San Donato Val di Comino, in collaborazione con la Pro Loco e il Museo del Novecento e della Shoah di San Donato.
Dopo i saluti del sindaco Enrico Pittiglio, sono intervenuti Luca Leone, curatore del Museo e il videomaker Roberto Brusca. Annamaria Coppola, giornalista indipendente,ha fatto da coordinatrice dialogica tra l’autrice e il pubblico.

La storia di Alba Meloni è quella di una staffetta partigiana che, con il nome di battaglia Stella, ha partecipato giovanissima alla Resistenza romana, per divenire dopo la Liberazione funzionario del Pci. Le prime immagini del film ci introducono in un appartamento sul Lungotevere Testaccio, nel centro di Roma, dove, Stella ha vissuto gli ultimi trent’anni della sua vita. Nadia Pizzuti, che ne ha rilevato l’appartamento, si è messa sulle sue tracce, ha parlato con lei, raccogliendone i ricordi del quotidiano in casa, nel rione e nelle strade della Capitale, dove la ragazza trasportava armi in una borsa di paglia e seminava chiodi per bloccare i camion tedeschi. Nel corso di questo viaggio nel tempo e nella città la voce di Alba/Stella s’intreccia con altre voci di donne per restituire momenti importanti della nostra storia collettiva. Fu infatti decisivo il ruolo di operai, operaie, contadini e contadine durante il ventennio fascista.

In Italia, tra fine 800 e inizio 900, milioni di persone che vivevano del proprio lavoro ad ogni Primo maggio si fermavano, mettevano il vestito della festa, sfilavano in corteo, manifestavano la propria opinione, parlavano al Paese di giustizia sociale, solidarietà e libertà. A volte tollerati, altre volte repressi, sempre dovevano conquistarsi quella giornata di festa e lotta. Le cose cambiarono quando salì il fascismo al potere. Perché uno dei primi provvedimenti di quel governo fu di mettere il Primo maggio fuorilegge con un decreto legislativo che vietava nella sostanza la festa ratificata a Bruxelles nell’agosto 1891 dal Congresso dell’Internazionale, ma osservata già dall’anno precedente.

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